Revocata la sanzione pecuniaria inflitta al notaio per aver ricevuto trust autodichiarati.

Pubblicato il 31/03/2017


È quanto emerge, con una motivazione chiara e diffusa, da una recente ordinanza della prima sezione civile della Corte d’Appello di Milano (presidente Amedeo Santosuosso, relatore Maria Iole Fontanella – ordinanza in data 01/12/2016, pubblicata il 30/01/2017). Interessanti in particolare alcuni passaggi.

La Corte ricorda anzitutto che la legge di ratifica della Convenzione dell’Aja 01/07/1985 non prevede alcun divieto di costituzione di trust cd. autodichiarati (che prescindono dall’effettivo trasferimento dei beni). Sottolinea inoltre come nell’ordinamento giuridico italiano il principio generale e dell’unitarietà della garanzia patrimoniale, sancito dall’art. 2740 c.c., non possa ritenersi più inderogabile, come si desume dalle numerose disposizioni che contemplano l’istituzione di patrimoni separati (il fondo patrimoniale, i vincoli di destinazione quale l’art. 2645 ter c.c. introdotto con d.lgs. n. 73/2005 e altre figure affini). La facoltà quindi di imprimere a taluni beni una specifica destinazione deve ritenersi riconosciuta nel nostro ordinamento.

Resta più problematica, in quanto tuttora discussa nella giurisprudenza di merito, la questione dell’ammissibilità nell’ordinamento interno del vincolo di destinazione autodichiarato. A fronte di tali incertezze osserva tuttavia la Corte milanese che è sempre sotto il profilo della meritevolezza della causa ex art. 1322 c.c. che va esaminato ogni atto istitutivo di trust, al fine di valutarne sia la riconoscibilità ai sensi della Convenzione dell’Aja sia la sussistenza dei presupposti ex art. 1418 c.c.

Con riferimento alla fattispecie, osserva ancora la Corte che, diversamente da quanto ritenuto dalla Commissione Disciplinare, non può gravare sul notaio la valutazione di prevalenza dell’interesse del disponente su quello dei creditori in quanto dall’ufficiale rogante si può pretendere esclusivamente un controllo di legittimità, con l’accertamento che l’interesse dichiarato non sia contrario a norme imperative, all’ordine pubblico, al buon costume, così come impone l’art. 28 n. 1 L. Not., non diversamente da qualunque altro atto il notaio sia chiamato a redigere.

Ove pure i disponenti avessero veramente voluto sottrarre il proprio patrimonio alle ragioni dei propri creditori, l’atto in frode ex art. 2740 c.c. è per l’ordinamento atto valido e pienamente efficace erga omnes e può essere dichiarato parzialmente inefficace, limitatamente alla singola ragione di credito, con l’esperimento dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., soggetta a termini decadenziali e a rigorosi presupposti processuali (cfr. Cass. Sez. 3, n. 23158 del 31/10/2014: “In assenza di una norma che vieti, in via generale, di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, il negozio lesivo dei diritti o delle aspettativa dei creditori non è, di per sé, illecito, sicché la sua conclusione non è nulla per illiceità della causa, per froda alla legge o per motivo illecito determinante comune alle parti, apprestando l’ordinamento, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, dei rimedi speciali che comportano, in presenza di particolari condizioni, l’applicazione della sola sanzione dell’inefficacia”).