E’ quanto emerge da una recente ordinanza pubblicata dalla
prima sezione civile del Tribunale di Catania, giudice Felice Lima: “nell’ambito della separazione fra i coniugi
deve disporsi l’affido condiviso del minore con collocamento presso il padre
laddove quest’ultimo appaia meglio orientato ai doveri verso il figlio mentre
la madre risulti fragile e impegnata a risolvere suoi delicati problemi
personali, dovendosi ritenere che in mancanza di prove del contrario entrambi i
genitori si presumano idonei a esercitare le loro responsabilità e a divenire
affidatari e/o collocatari dei figli”.
E’ la madre nella specie a dover versare il contributo al
mantenimento del figlio e a esercitare il diritto di visita. Il padre viene
complessivamente ritenuto persona emotivamente più equilibrata,
psicologicamente più solida e meglio orientata con riferimento alla percezione
della realtà, ai doveri verso il bambino e alle sue necessità.
Particolarmente interessanti alcuni passaggi della
motivazione, tendenti espressamente a far sì che “le parti accolgano la decisione del giudice comprendendone la logica e
il senso”, laddove si sottolinea che i figli sono di entrambi i genitori
che hanno uguali diritti e doveri e che entrambi si devono presumere idonei a
esercitare le loro responsabilità e a divenire affidatari e/o collocatari dei
figli; una maggiore ricorrenza statistica di provvedimenti che collocano i
figli presso i padri potrebbe ridurre il numero di “padri disimpegnati” e “madri
proprietarie” che tanti danni arrecano ai figli minori; è peraltro “certamente errato e fuorviante un approccio
al problema dell’affidamento/collocamento dei figli minori in termini di
premio/punizione per il genitore più degno/indegno”; e infine “arreca certamente gravissimo danno
all’equilibrio psichico e alla serenità interiore dei ragazzi la constatazione
che i loro genitori non vogliono o comunque non sono capaci di educarli a un
amore per l’altro dei genitori che, superando (almeno limitatamente alla
gestione dei rapporti con i figli) le faziosità e i rancori personali,
costituisca un concreto insegnamento di maturità affettiva e di equilibrio
etico”.