Legge Straniera sul Divorzio anche se la coppia ha vissuto prevalentemente in Italia

Pubblicato il 09/01/2017


La Corte di Cassazione, sezione Prima Civile, con la sentenza n. 24542 dell’01.12.2016 ha sancito che “si applica la legge straniera sul divorzio alla coppia che, pur avendo vissuto prevalentemente in Italia, proviene da un Paese nel quale le norme contemplano lo scioglimento delle nozze”, accogliendo così il ricorso di un albanese che lamentava la separazione dalla moglie, anch’essa albanese, nonostante l’istituto non fosse previsto nel Paese di origine.

Le parti si erano unite in matrimonio in Albania ma avevano prevalentemente vissuto in Italia. Lei aveva chiesto la separazione personale dal marito che era stata pronunciata dalla Corte d’Appello di Firenze. Avverso tale pronuncia lui ha presentato ricorso per cassazione e lo ha vinto.

La prima sezione ha anzitutto chiarito che nella specie la legge nazionale comune dei coniugi ai sensi del 1° comma dell’art. 31 L. 31 maggio 1995 n. 218 era incontestatamente quella albanese essendo essi cittadini albanesi che avevano contratto matrimonio in Albania. Tale accertamento escludeva l’applicabilità del criterio subordinato contenuto nel medesimo primo comma (localizzazione prevalente della vita matrimoniale) operante solo in mancanza di una legge nazionale comune.

Per stabilire infatti – precisa il Supremo Collegio – definitivamente se la legge applicabile sia quella risultante dall’esame dei criteri contenuti nel primo comma, nella specie univocamente diretti ad inviare alla legge albanese, occorre verificare se la legge straniera individuata alla luce del primo comma preveda la separazione personale e lo scioglimento del matrimonio, dovendosi, in mancanza, applicare la legge italiana, così come previsto dall’art. 31 secondo comma l. n. 218 del 1995. La ratio di tale ultima disposizione risiede nell’evitare l’applicazione di leggi straniere che non prevedono istituti volti a recidere il vincolo matrimoniale, o che ne limitano, in modo ingiustificatamente discriminatorio, l’esercizio soltanto ad uno dei due coniugi. Al riguardo si è ormai consolidata un’interpretazione per cui la clausola di applicazione residuale della legge italiana può trovare ingresso solo ove non esista alcuna forma di dissoluzione del legame matrimoniale o vi siano istituti contrastanti con il principio di uguaglianza tra i coniugi.