Una madre troppo “social” e un sedicenne che vuole fuggire
da un contesto sociale diventato intollerabile proprio a causa della diffusione
online dei dettagli della vita familiare. Il giudice impone alla madre il
divieto di pubblicare sui social foto o video relativi al figlio, disponendo un’astreinte
a fronte dell’eventuale inottemperanza.
Così si è espresso il Tribunale di Roma con l’ordinanza
dello scorso 23 dicembre, relativa alla richiesta del tutore di un minore all’autorizzazione
per l’iscrizione del ragazzino ad un istituto scolastico estero individuato dal
padre, sospeso quest’ultimo così come la madre, dalla responsabilità
genitoriale.
Dopo aver ripercorso la vicenda, il giudice sottolinea la
fermezza della volontà del ragazzo, risultante da diversi elementi probatori,
di proseguire il proprio percorso di studi negli Stati Uniti, desiderio
alimentato dalle eccessive pressioni che egli subisce in Italia a causa della
diffusione tramite social network, in particolare per mano della madre, di
informazioni dettagliate sulla sua storia familiare e sulle controversie
giudiziarie in cui è implicato. L’intollerabilità del contesto sociale in cui
il sedicenne si è ritrovato, ha portato il giudice ad accogliere la richiesta
del tutore di iscrizione alla scuola statunitense a spese di entrambi i
genitori.
Un aspetto dell’ordinanza in commento che merita particolare
attenzione, è la decisione del giudice di disporre, “a tutela del minore e al
fine di evitare il diffondersi di informazioni anche nel nuovo contesto sociale
frequentato dal ragazzo, l’immediata cessazione della diffusione da parte della
madre in social network di immagini, notizie e dettagli relativi ai dati
personali e alla vicenda giudiziaria inerente il figlio”. Divieto la cui
inottemperanza sarà “punita” con l’applicazione dell’astreinte di cui all’art.
614-bis c.p.c.: “in caso di mancata ottemperanza della madre all’obbligo di
interrompere la diffusione di immagini, video, informazioni relative al figlio
nei social network, ovvero di mancata ottemperanza all’obbligo di rimuovere
tali dati, la stessa dovrà corrispondere al ricorrente e al tutore l’importo
indicato in dispositivo per la violazione posta in essere”.
Come chiarisce il Tribunale capitolino, tale facoltà
discende dai principi generali dell’ordinamento fondati sulla necessità di
tutela del minore e sui poteri d’ufficio riconosciuti al giudice in tale
materia. L’asterinte può infatti “essere disposta d’ufficio a maggior garanzia
dell’interesse del figlio e, in quanto collegato a questo, dell’interesse del
genitore a cui spetta pretendere il rispetto di quegli obblighi”.