Certamente il desiderio di un nonno di prendersi cura di un nipote non
può che essere un fattore di arricchimento nella vita di un minore. Il genitore
deve pertanto cercare di superare i propri eventuali risentimenti per perseguire,
nell’interesse dei più piccoli, il ricongiungimento familiare.
Tuttavia il diritto dei nonni di frequentare i nipoti non è assoluto e
incondizionato: se il minore esprime un disagio la decisione del giudice deve
tenerne conto al fine di garantirgli una crescita equilibrata e serena.
A tale proposito vengono in considerazione i novellati artt. 317 bis,
336 2° comma e 337 ter 1° e 2° comma C.C., dalla lettura dei quali emerge come
lo stesso legislatore, nel riconoscere agli ascendenti (e solo ad essi) la
possibilità di ricorrere al giudice per veder adottare dei provvedimenti tesi a
favorire la frequentazione dei nipoti, prevede anche che la finalità di tale
azione consista nell’ “adottare i provvedimenti più idonei nell’esclusivo
interesse del minore”. Concetto ribadito anche dall’art. 337 ter, 2° comma,
prima parte.
Dunque, nel mutato panorama legislativo, è riconosciuta rilevanza ai
rapporti tra i nonni e i nipoti, ma sempre valutato l’interesse del minore. Se
gli incontri risultano nocivi per il bambino, essi vanno limitati o esclusi.
Interessante sul punto una recente pronuncia della Corte di Cassazione
(n. 752 del 19.01.2015), la quale chiarisce che il diritto dei più piccoli a
mantenere rapporti significativi con gli ascendenti non deve essere letto come
il riconoscimento di un autonomo diritto di visita da parte dei nonni. Esso
rappresenta, invece, una condizione che obbliga il giudice a svolgere una
adeguata indagine e valutazione, nel momento in cui debba decidere, nel
prioritario interesse del bambino, tenendo in debito conto anche la volontà
eventualmente espressa da quest’ultimo.
Gli Ermellini colgono inoltre l’occasione per ricordare che la
valutazione delle capacità di discernimento del minore infradodicenne è rimessa
al libero e prudente apprezzamento del giudice, non necessitando di uno
specifico accertamento tecnico. Tale capacità peraltro “non può essere esclusa
con mero riferimento al dato anagrafico del minore, se esso non sia di per sé solo
univocamente indicativo in tale senso, mentre può presumersi in genere
ricorrente, anche considerati temi e funzione dell’audizione, quando si tratti
di minori per età soggetti ad obblighi scolastici e, quindi, normalmente in
grado di comprendere l’oggetto del loro ascolto e di esprimersi consapevolmente”.