Il diritto di visita dei nonni.

Pubblicato il 13/11/2017


Certamente il desiderio di un nonno di prendersi cura di un nipote non può che essere un fattore di arricchimento nella vita di un minore. Il genitore deve pertanto cercare di superare i propri eventuali risentimenti per perseguire, nell’interesse dei più piccoli, il ricongiungimento familiare.

Tuttavia il diritto dei nonni di frequentare i nipoti non è assoluto e incondizionato: se il minore esprime un disagio la decisione del giudice deve tenerne conto al fine di garantirgli una crescita equilibrata e serena.

A tale proposito vengono in considerazione i novellati artt. 317 bis, 336 2° comma e 337 ter 1° e 2° comma C.C., dalla lettura dei quali emerge come lo stesso legislatore, nel riconoscere agli ascendenti (e solo ad essi) la possibilità di ricorrere al giudice per veder adottare dei provvedimenti tesi a favorire la frequentazione dei nipoti, prevede anche che la finalità di tale azione consista nell’ “adottare i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore”. Concetto ribadito anche dall’art. 337 ter, 2° comma, prima parte.

Dunque, nel mutato panorama legislativo, è riconosciuta rilevanza ai rapporti tra i nonni e i nipoti, ma sempre valutato l’interesse del minore. Se gli incontri risultano nocivi per il bambino, essi vanno limitati o esclusi.

Interessante sul punto una recente pronuncia della Corte di Cassazione (n. 752 del 19.01.2015), la quale chiarisce che il diritto dei più piccoli a mantenere rapporti significativi con gli ascendenti non deve essere letto come il riconoscimento di un autonomo diritto di visita da parte dei nonni. Esso rappresenta, invece, una condizione che obbliga il giudice a svolgere una adeguata indagine e valutazione, nel momento in cui debba decidere, nel prioritario interesse del bambino, tenendo in debito conto anche la volontà eventualmente espressa da quest’ultimo.

Gli Ermellini colgono inoltre l’occasione per ricordare che la valutazione delle capacità di discernimento del minore infradodicenne è rimessa al libero e prudente apprezzamento del giudice, non necessitando di uno specifico accertamento tecnico. Tale capacità peraltro “non può essere esclusa con mero riferimento al dato anagrafico del minore, se esso non sia di per sé solo univocamente indicativo in tale senso, mentre può presumersi in genere ricorrente, anche considerati temi e funzione dell’audizione, quando si tratti di minori per età soggetti ad obblighi scolastici e, quindi, normalmente in grado di comprendere l’oggetto del loro ascolto e di esprimersi consapevolmente”.