Per la prima volta la legge disciplina il rapporto tra
paziente cosciente e medico, introducendo anche le DAT per effetto delle quali
chiunque – vigile e cosciente – può stabilire a quali trattamenti essere sottoposto
quando non potrà più esprimere liberamente la propria volontà. In applicazione
del diritto alla salute, protetto dall’art. 32 della Costituzione.
Di ALESSANDRO
SIMEONE
Ecco le principali novità introdotte:
Diritto alle
scelte terapeutiche e cure condivise.
Finché il paziente è cosciente può liberamente esprimere la
propria volontà, ogni cura (o rifiuto di cura) è subordinato al suo consenso
informato e scritto, sempre revocabile. Per le patologie croniche, invalidanti
o caratterizzate da prognosi infausta, medico e malato possono stabilire un
piano di cure valido anche per il periodo successivo alla perdita della
capacità di intendere e volere del paziente.
Rifiuto della
cura.
Il paziente debitamente informato delle conseguenze delle
proprie scelte ha il diritto di rifiutare qualunque trattamento sanitario,
anche quelli che garantiscono la sopravvivenza.
La legge non
introduce né l’eutanasia né il suicidio assistito.
Il diritto di rifiutare le cure non legittima alcun
comportamento commissivo (volontario) del medico volto a procurare la morte del
malato; l’omicidio del consenziente, dunque, rimane nel nostro ordinamento un
reato.
Il ruolo della
famiglia.
Il paziente può decidere di coinvolgere qualsiasi persona
(coniuge, convivente o anche un amico) nelle scelte mediche che lo riguardano. Per
evitare le scelte fatte “a sua insaputa”, in assenza di questa indicazione i
medici possono rivolgersi solamente al malato.
Minorenni.
Decidono sempre i genitori anche se separati o divorziati
(tranne i rarissimi casi di affidamento superesclusivo o affidamento al
Comune). Il minore deve essere comunque ascoltato: la sua opinione conta in misura
direttamente proporzionale al grado di maturità e all’età. In caso di conflitto
tra i genitori decide il Tribunale che deve sempre ascoltare il minore con più
di 12 anni.
Incapaci di
intendere e volere.
Per l’interdetto decide sempre il tutore; l’inabilitato,
invece, decide per se stesso; per coloro che fruiscono dell’amministratore di
sostegno dipenderà da caso a caso; se il tutore o l’amministratore di sostegno
rifiutano le cure ma i medici le ritengono necessarie o adeguate, decide il
Giudice.
Dichiarazioni anticipate
di trattamento.
Ogni soggetto maggiorenne può stabilire, per il periodo in
cui sarà incapace di intendere o volere o non potrà esprimersi, a quali cure e
accertamenti sottoporsi, nominando un fiduciario, cioè un soggetto che lo
rappresenti nella relazione con il medico e lo sostituisca nell’assunzione
delle scelte. I sanitari sono tenuti a rispettare le volontà contenute nella
DAT tranne quando siano “palesemente incongrue”, non corrispondano alla
situazione clinica del malato, o siano sopraggiunte terapie – non prevedibili
al momento di compilazione delle DAT – tali da offrire “concrete possibilità di
miglioramento della vita” del malato. In questi casi il medico può decidere di
non rispettare le DAT se c’è il consenso del fiduciario; in caso di conflitto
tra medico e fiduciario decide il Giudice. Di tutta la legge la parte delle DAT
è sicuramente quella che maggiormente risente della necessità del compromesso:
la terminologia utilizzata, a tratti evanescente, rischia di creare più di un
conflitto in Tribunale.
DAT scritte e
gratuite.
Le DAT hanno sempre la forma scritta, possono essere firmate
davanti a un Notaio oppure, più semplicemente, essere consegnate personalmente
all’Ufficiale di Stato Civile del comune di residenza che le annota in un
apposito registro. Sulle DAT non si paga alcuna tassa, imposta o tributo.
In conclusione, dopo anni di dibattito pubblico e
parlamentare, le norme in votazione dal Parlamento sembrerebbero rappresentare
il giusto punto di equilibrio tra responsabilità del medico, diritto all’autodeterminazione,
rispetto della vita e libertà del singolo.
Comitato Scientifico de Il Familiarista di Giuffrè Editore