Sotto
i riflettori una coppia di albanesi. A rischio la loro richiesta di
autorizzazione a permanere in Italia, viste le difficoltà di ambientamento
manifestate da entrambi. A rimettere tutto in discussione è però il prioritario
benessere psico-fisico della figlia, nata e cresciuta in Italia.
(Corte
di Cassazione, sez. I Civile, sentenza n. 29795/17; depositata il 12 dicembre)
Ambientamento
difficile in Italia per una coppia di albanesi: a carico di lui, alcune
condotte penalmente rilevanti; a carico di lei, il mancato svolgimento di
attività lavorativa e la scarsa padronanza della lingua. Per chiudere il
cerchio, infine, la loro precaria condizione economica. Questa situazione non
può però essere penalizzante per la figlia piccola della coppia. La bambina,
nata e cresciuta in Italia, potrebbe subire forti ripercussioni negativa, se
obbligata a ritornare in patria con mamma e papà. Riprende così vigore la
richiesta dei due genitori, cioè ottenere l’autorizzazione a permanere nel
territorio italiano a tutela dello sviluppo psico-fisico della figlia.
Prima
in Tribunale e poi in Corte d’Appello i Giudici hanno richiamato “l’assenza di
inserimento dei genitori” in Italia. Consequenziale, in questa ottica, il “no”
alla richiesta di “autorizzazione a permanere nel territorio italiano”.
Irrilevante, invece, il richiamo della coppia allo “sviluppo psico-fisico”
della figlia, nata e cresciuta in Italia.
In
particolare, i Giudici, sia in primo che in secondo grado, hanno ritenuto
decisive “le difficoltà incontrate dai due genitori”, deducendone “una prognosi
negativa in ordine alle possibilità di inserimento della figlia nel contesto
sociale italiano”.
Questa
visione viene ora censurata dalla Cassazione. Secondo i Giudici del
Palazzaccio, difatti, si è commesso un errore, spostando l’attenzione dalle “esigenze
esistenziali, sanitarie ed educative della minore” alle “prospettive di integrazione
dei genitori”, privilegiando “l’analisi della situazione” della coppia a
scapito delle “condizioni della figlia”. Esemplificativo, a tal proposito, il
fatto che sia stato trascurato completamente “il problema delle difficoltà di
ambientamento che la minore, nata e vissuta in Italia, potrebbe incontrare in
caso di trasferimento nel Paese di origine dei genitori, dove, oltre ad essere
priva di concrete relazioni affettive e sociali, non potrebbe neppure avvalersi
delle forme di assistenza garantite dal nostro ordinamento”.
Necessario
perciò un nuovo giudizio in Corte d’Appello, dove, alla luce delle indicazioni
fornite dalla Cassazione, bisognerà valutare il benessere psico-fisico della
minore, prima di decidere sulla richiesta presentata dai due genitori
stranieri.