No alla Maternal Preference: il minore sta col padre se ritenuto più idoneo rispetto alle necessità del bambino.

Pubblicato il 17/01/2017


E’ quanto emerge da una recente ordinanza pubblicata dalla prima sezione civile del Tribunale di Catania, giudice Felice Lima: “nell’ambito della separazione fra i coniugi deve disporsi l’affido condiviso del minore con collocamento presso il padre laddove quest’ultimo appaia meglio orientato ai doveri verso il figlio mentre la madre risulti fragile e impegnata a risolvere suoi delicati problemi personali, dovendosi ritenere che in mancanza di prove del contrario entrambi i genitori si presumano idonei a esercitare le loro responsabilità e a divenire affidatari e/o collocatari dei figli”.

E’ la madre nella specie a dover versare il contributo al mantenimento del figlio e a esercitare il diritto di visita. Il padre viene complessivamente ritenuto persona emotivamente più equilibrata, psicologicamente più solida e meglio orientata con riferimento alla percezione della realtà, ai doveri verso il bambino e alle sue necessità.

Particolarmente interessanti alcuni passaggi della motivazione, tendenti espressamente a far sì che “le parti accolgano la decisione del giudice comprendendone la logica e il senso”, laddove si sottolinea che i figli sono di entrambi i genitori che hanno uguali diritti e doveri e che entrambi si devono presumere idonei a esercitare le loro responsabilità e a divenire affidatari e/o collocatari dei figli; una maggiore ricorrenza statistica di provvedimenti che collocano i figli presso i padri potrebbe ridurre il numero di “padri disimpegnati” e “madri proprietarie” che tanti danni arrecano ai figli minori; è peraltro “certamente errato e fuorviante un approccio al problema dell’affidamento/collocamento dei figli minori in termini di premio/punizione per il genitore più degno/indegno”; e infine “arreca certamente gravissimo danno all’equilibrio psichico e alla serenità interiore dei ragazzi la constatazione che i loro genitori non vogliono o comunque non sono capaci di educarli a un amore per l’altro dei genitori che, superando (almeno limitatamente alla gestione dei rapporti con i figli) le faziosità e i rancori personali, costituisca un concreto insegnamento di maturità affettiva e di equilibrio etico”.